
L’economia circolare al bivio: eco-modernismo o tecnologia conviviale?
Il 30 settembre presso l’Aula Magna dell’Università di Parma si è svolto il sesto incontro del Festival dello Sviluppo Sostenibile ASviS Parma dal titolo “L’economia circolare al bivio: eco-modernismo o tecnologia conviviale?”. Hanno partecipato Stefania Barca (docente di Ecologia Politica, Centro de Estudios Sociais, Universidade de Coimbra), Maura Benegiamo (assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Trieste), Giacomo D’Alisa (ricercatore postdoc, Centro de Estudios Sociais, Universidade de Coimbra), Andrea Genovese (docente di Logistics and Supply Chain Management alla University of Sheffield), Mario Pansera (docente al Departamentet d’Empresa, Universitat Autonoma de Barcelona), Luigi Pellizzoni (Docente di Sociologia dell’Ambiente al Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Pisa). Hanno moderato l’evento Marco Deriu (Presidente del corso di laurea magistrale in Giornalismo, Cultura Editoriale e Comunicazione Multimediale all’Università di Parma) ed Emanuele Leonardi (docente del Dipartimento di Discipline Umanistiche, Sociali e delle Imprese Culturali- DUSIC dell’Università di Parma).
Il tema dell’evento, discussione a più voci, circa un recente articolo degli studiosi Andrea Genovese e Mario Pansera che sostengono che la lacuna più significativa dell’Economia Circolare sia rappresentata dalla sua a-politicità e dal suo carattere tecnocratico. Proseguendo il dibattito si è incentrato anche sulle problematicità ad essa collegate.
Emanuele Leonardi ha introdotto il dibattito spiegando come l’economia circolare si colloca nel contesto contemporaneo e come: “da Greta in poi si apre una nuova fase, più promettente perché supera il limite dell’idea di dividere la protezione ambientale dalle disuguaglianze sociali”.
Andrea Genovese ha spiegato che la principale complessità legata all’economia circolare è insita nel capitalismo, incentrato sull’espansione dei consumi: “Il prezzo pagato dal punto di vista ambientale è altissimo – ha dichiarato – a dimostrazione del fatto che c’è un nesso tra la crescita economica e l’impatto ambientale”. Riporta alcuni esempi come quello delle automobili, che nel 2020 sono diventate uno dei simboli del capitalismo, spiegando come “il 92% del tempo le auto sono ferme e trasportano in media 1 persona e mezza, quindi solo il 60% della loro capacità viene sfruttata davvero”. Lo stesso avviene per i rifiuti, dove “il 30% vengono inviati direttamente in discarica senza essere riciclati”. L’accusa mossa da Genovese al capitalismo è quella di “creare rifiuti per crescere, portando ad una frattura metabolica tra essere umano e natura”.
Riprendendo il discorso del collega, Pansera, aggiunge che: “bisogna rimettere in circolazione proprio questi rifiuti prodotti dal capitalismo, per ridargli valore reinserendoli nel circolo produttivo” e spiega come “dalle 3 R (ridurre, riciclare e riutilizzare) si è passati alle 10 R dove al centro vi sono la valorizzazione e l’espansione, per fare più business”. Conclude con la necessità di un “ritorno al concetto di tecnologia conviviale, dove la tecnologia è un fattore sociale, basata sul non isolamento, l’accesso, l’adattabilità, la bio-interazione e la ripoliticizzazione del concetto di produttività”.
Andrea Genovese, in ultimo, ha riportato esempi pratici tra cui la crisi di uno stabilimento Whirpool a Napoli, che propone il proprio spazio da trasformare “In un centro di riparazione di elettrodomestici che potrebbero essere rimessi nel mercato, mantenendo l’occupazione e riducendo i materiali e l’impatto ambientale di queste produzioni”.
Stefania Barca ha parlato dei diversi modi di definire l’economia circolare e la tecnologia, dichiarando che “uno dei grandi problemi è quello delle narrazioni uniche, perché esistono delle alternative”, riferendosi al New Deal verde.
Maura Benegiamo ha posto l’attenzione sulla questione del rifiuto, legata ad un’ascesa del neoliberismo: “dal momento che la spinta a potenziare la vita produttiva porta a nuove norme, con effetti di depoliticizzazione”.
Da parte di Giacomo D’Alisa è stato sottolineato anche l’aspetto della prontezza che abbiamo “in quanto promotori di un’economia conviviale”, riferendosi alla situazione pandemica attuale, e ha proposto l’esempio della Cina come possibile fuoriuscita ad un’economia circolare.
Tra le ultime battute quelle di Luigi Pellizzoni che ha evidenziato i nodi problematici della tecnologia conviviale: la politicizzazione, l’entropia e il lavoro, a proposito del quale ha invitato ad interrogarsi: “sul significato del lavoro, nel livello profondo, perché c’è una stretta connessione tra concetto di lavoro e intervento nella natura”.
Marco Deriu ha concluso il dibattito puntando l’attenzione sul “rischio di affrontare la questione dello spreco e dei rifiuti in maniera semplificata, lasciando sullo sfondo alcuni temi cruciali”.
Eleonora Di Vincenzo